Come interpretare la prescrizione oculistica e scegliere le giuste lenti da vista

Hai in mano una ricetta oculistica e vuoi comprendere che tipo di lenti devi acquistare per tornare ad avere una visione perfetta? Con le nostre spiegazioni riuscirai a capire sia quale tipo di difetto visivo ti è stato diagnosticato, sia quali lenti (e con quali trattamenti) sarà meglio utilizzare.

Se dopo la lettura dell'articolo hai ancora un dubbio o se desideri comprendere meglio le indicazioni che il tuo oculista ha riportato nella prescrizione, non esitare a contattarci. Puoi farlo in molti modi

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Cominciamo col dire che la modulistica per la diagnosi delle ricette oculistiche non è standard. Ad esempio, per la rilevazione dell’asse dell’astigmatismo (lo analizzeremo più avanti) esistono due sistemi di riferimento: Tabo e Internazionale e la corretta applicazione di uno o dell’altro è fondamentale per avere una visione nitida.

Di seguito alcuni esempi di prescrizioni oculistiche:

Ricetta per ipermetropia
A) Esempio di prescrizione oculistica per soggetto ipermetrope ed indicazioni aggiuntive per protezione occhi
Ricetta con distanza interpupillare
B) Esempio di prescrizione oculistica di soggetto miope ed astigmatico, sistema Internazionale e misurazione della distanza interpupillare
Esempio di ricetta per lenti progressive
C) Esempio di ricetta oculistica per soggetto miope ed astigmatico e presbiopia con addizione +2.00 diottrie

Le aree della prescrizione che rivestono maggiore importanza sono due:

a) la correzione del deficit visivo

b) le indicazioni aggiuntive dell’oculista


La correzione del deficit visivo

La prima cosa da capire è quali tipologie di correzione visiva saranno necessarie. In tal caso possono essere presenti fino a tre righe di “poteri” che riguardano:

a) la correzione da lontano (miopia o ipermetropia, con eventuale astigmatismo)

b) la correzione da vicino o per lettura (presbiopia)

c) la correzione permanente

Fino ad un'età di circa 40 anni, in genere si ha bisogno di un unico tipo di correzione sia per visione da lontano (guida, TV, sport, ecc.) che da vicino (studio, lettura, lavoretti di precisione, ecc.). In questo caso l’oculista potrà utilizzare, indifferentemente, la riga “lontano” o “permanenza” a seconda delle proprie abitudini. Superati i 40 anni può insorgere la necessità di un’ulteriore correzione da vicino, nota come “presbiopia”. In questo caso l’oculista utilizzerà anche la riga “vicino” e potrà farlo in due modi:

a) con l’indicazione della sola addizione (es. +0.75, +1.50 ecc.)

b) con la scrittura della riga per intero

L’addizione si applica solo sul valore dello sfero. Nel caso della prescrizione c, ad esempio, da una riga all’altra cambia solo la prima colonna da -5.00 a -2.00: questo vuol dire che la presbiopia è di +3.00 diottrie.

Lasciamo un attimo da parte i due “goniometri” graduati (li vedremo più avanti) e concentriamoci sulle colonne che compongono la tabella nella quale l’oculista ha riportato i suoi valori:

- SF (oppure SPH), rappresenta lo sfero e indica la presenza di miopia o ipermetropia

- CIL (oppure CYL), rappresenta l’astigmatismo. In assenza di astigmatismo, sia questa colonna che la successiva sono vuote.

- Asse (oppure Ax), rappresenta l’obliquità dell’astigmatismo ed è un dato obbligatorio in presenta di astigmatismo


Per convenzione, la parte sinistra della tabella rappresenta i poteri dell’occhio destro. Questo perché la griglia viene compilata dall’oculista che vi ha di fronte. Pertanto, alla sua sinistra, vedrà il vostro occhio destro.


Sfero

Può avere valori negativi o positivi.

Il primo caso è tipico dei soggetti miopi che hanno maggiore difficoltà nel mettere a fuoco correttamente oggetti molto lontani a causa del fatto che la cornea ha una curvatura maggiore rispetto a quella normale. Ecco perché la correzione avviene con lenti “negative”

Nel secondo caso, invece, siete ipermetropi e quindi avrete maggiori difficoltà di messa a fuoco degli oggetti più vicini in quanto la curvatura della cornea è, in questo caso, inferiore alla normalità. Ad esempio a mare, vedrete meglio la sagoma di un motoscafo distante dalla riva che i bagnanti. Per questo la correzione si effettua con lenti “positive”.

Cilindro e Asse

Il cilindro può avere valori positivi o negativi e indica, assieme all’asse, la presenza di un astigmatismo ovvero una diversa angolazione dell’asse della cornea rispetto ad un occhio normale che, in aggiunta alla diversa sfericità della cornea rende la visione da lontano di scarsa qualità.

Nella misurazione dell’asse entra in gioco il “sistema di riferimento” che può essere “Internazionale” o “Tabo” e che rappresenta il modo di considerare l’angolo di rotazione dell’asse della cornea per l’occhio sinistro.

A seconda che la misurazione dei gradi parta dal naso (cioè lo zero sia indicato sulla parte sinistra dell’arco) oppure dalla tempia (quindi se lo zero è posto sulla parte destra dell’arco) l’asse avrà un valore molto diverso: un angolo di 30° misurato a partire dal naso, equivale ad un angolo di 150° a partire dalla tempia.

Il sistema più utilizzato è il Tabo e prevede che lo zero sia sulla destra dell’arco, mentre quello Internazionale funziona al contrario ed è utilizzato da una minoranza di oculisti solamente in Italia (per quanto il nome possa far pensare il contrario).


Le indicazioni aggiuntive dell’oculista

Nella parte inferiore della ricetta un’informazione importante è, senza dubbio, la distanza interpupillare cui spesso ci si riferisce indicandola con “scartamento tra i centri”.

Non sempre l’oculista la misura in quanto pensa che sia un parametro di competenza dell’ottico perché riguarda il centraggio delle lenti. Questo è in parte vero ma è anche vero che la distanza interpupillare (detta anche PD) è un parametro medico che non varia a seconda dell’occhiale che il cliente poi sceglierà.

Diversa è la misurazione dell’altezza dei centri, cioè la distanza della pupilla rispetto al bordo inferiore della lente: questo è un parametro di pertinenza dell’ottico in quanto è funzione della calzabilità della montatura sul proprio viso.

Nei righi sottostanti l’oculista può riportare delle informazioni importanti che riguardano i tipi di protezione da prevedere sulle proprie lenti in funzione dello stato di salute dell’occhio o per prevenire l’insorgenza di specifiche patologie. Ad esempio potrebbe prescrivere una protezione contro i raggi UV (ultravioletti), contro la luce blu emessa dai dispositivi elettronici oppure indicazioni sull’uso delle lenti.


I poteri da correggere

Spesso si pensa che le gradazioni riportate nella ricetta oculistica siano espresse in decimi e quindi un miope di un grado ha una capacità visiva di 9/10. Ma non è così.

Ciò che si misura in decimi è l’acuità visiva (anche detta visus) e rappresenta quante delle 10 righe dell’ottotipo (il tabellone per l’esame visivo) si è in grado di vedere. In pratica il visus ha a che vedere con la capacità dell’occhio di percepire i dettagli di un oggetto.

La diottria, invece, è l’unità di misura con cui si valuta il potere correttivo di una lente: detto in termini “fisici” è la capacità di una lente di modificare (rifrangere) le direzioni dei raggi luminosi in modo che possano formare un'immagine nitida e precisa sulla retina.

 

Quale indice di rifrazione per le lenti?

Le lenti in commercio hanno un costo diverso in funzione dello specifico indice di rifrazione. Lasciando stare i tecnicismi, quello che ci interessa sapere in questo momento è che più l’indice di rifrazione è elevato più sottile risulterà la lente (a parità di diottri, ovviamente). Perché è importante avere una lente più sottile? Almeno per tre ordini di motivi:

1) la leggerezza. Una lente più spessa è anche più pesante e dovendola indossare quasi tutto il giorno un eccessivo peso può provocare i classici “segni” sul naso

2) la nitidezza. Una lente più sottile lascia passare più luce in quanto è minore la quantità di raggi di luce che vengono deviati (rifratti). La lente è pur sempre un mezzo che rifrange la luce (come l’acqua, ad esempio) e una maggiore rifrazione comporta maggiori disturbi visivi

3) l’estetica. Lo spessore incide molto sull’estetica delle lenti essenzialmente per due motivi: se si presenta sul bordo esterno delle lenti (questo è il caso delle lenti per miopi, quelle negative) il profilo della lente straborda il telaio della montatura rendendo l’occhiale poco piacevole da vedere; se, invece, lo spessore cade tutto al centro della lente (ciò accade per le lenti per ipermetropi, quelle positive) le “cerchiature” che si diffondono dal centro della lente creano il classico effetto “fondo di bottiglia” davvero sgradevole alla vista


La scelta dell’indice della lente è appannaggio dell’ottico che dovrebbe conciliare le esigenze di nitidezza, estetica e leggerezza con la montatura indossata in modo tale da avere il minimo spessore senza incidere troppo sul budget di spesa.

Ad esempio, con una miopia di -2.50 diottrie e un leggero astigmatismo, con una montatura in acetato (dal bordo spesso) non troppo larga si può anche optare per un indice di 1.5 che di sicuro non renderà la lente ottimale ma adeguata alla situazione. Se, invece, si fosse di fronte ad un occhiale in metallo (molto sottile) e molto ampio, molto meglio portare l’indice di rifrazione al successivo valore di 1.6